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F.lli DIANTI

Boutique della calce

Con una lavorazione “a fresco” la pasta affiorante dopo la rullatura viene spatolata “a dorso di cazzuola” fino ad ottenere una superficie liscia e compatta.

Oggi si ripropone questo particolare tipo di pavimentazione non solo nel campo del restauro, ma anche come soluzione di pavimentazione per nuove costruzioni.
Le ragioni che possono condurre ad una scelta di questo genere sono molteplici:

  •     possibilità di lavorare su massetto in sabbia e cemento anche in presenza di impianto a pavimento;
  •     materiali assolutamente eco-compatibili (calce, cotto, olio di lino), in linea con il concetto della bio-edilizia; dunque niente resine, niente solventi chimici, niente colori sintetici, ma solo prodotti naturali;
  •     ottima resistenza all’usura e facilità di manutenzione: il pastellone viene trattato con olio di lino cotto che praticamente impermeabilizza la superficie in modo permanente;
  •     possibilità di scegliere su una gamma pressoché infinita di colori che vengono creati su richiesta.

Materiali naturali, lavorazioni manuali, un pavimento dal sapore antico per la casa del futuro: il pastellone può essere la soluzione ideale.

Rudus novum - redivivum


Sopra quel primo letto di felce o di paglia gli operai collocavano la loro costruttura per quattro diversi strali. Il primo era composto di pietre o di ciottoli, legati insieme colla calce.
Questo primo strato di fabbrica che formava il fondamento del lavoro, chiamavasi statumen
Il secondo strato di fabbrica faceasi di parecchi rottami o pietre spezzate e mescolate colla calce; e ciò chiamavasi rudus.
Se questa materia era di pietre spezzate che non avessero giammai servito, le davano il nome di rudus novum, e la mescolavano in parti eguali colla calce viva.
Se la materia proveniva da rottami che erano già stati posti in opera, allora chiamavasi rudus redivivum; non si mischiavano che due parti di calce, con cinque di quella mescolanza; e l'applicazione che se ne facea a colpi di mazzeranga per assodarla, renderla piena ed eguale, chiamavasi ruderatio.
Era d'uopo che tutto quel terrapieno, tanto di ciottoli che di rottami, dopo d' essere stato sufficientemente battuto e appianato, avesse almeno nove pollici di grossezza. Sopra quel terrapieno faceasi un terzo strato composto di una parte di calce e di tre parti di mattoni spezzati o di tegole battute, che veniva posto sopra l’intonicatura ( ruderatio ), come uno strato molle, onde collocarvi il quarto strato di pavimento che per ultimo serviva a coprire l'intiero lavoro, e per questa ragione chiamavasi summit erutta.

Dell'Architettura, Volume 2 -  Di Vitruvius, di Carlo Amati

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